OVVIARE L’ANGOLO CON L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Si parla tanto di “AI”, intelligenza artificiale, come di un “miracolo” tecnologico in grado di cambiare in meglio il mondo. 

«Oh icchè tu dici?» Tuonerebbe scandalizzato Dante Alighieri, padre della lingua italiana.

Con la tipica espressione di chi ne conosce una più del diavolo, il più importante fisico del XX secolo, Albert Einstein, direbbe invece: «Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi.»

Dall’alto del suo aristocratico sapere, Aristotele, considerata una delle menti più eccelse di tutti i tempi per la vastità, e profondità dei suoi campi di conoscenza, professerebbe così: «L’intelligenza non consiste soltanto nella conoscenza, ma anche nella capacità di applicare la conoscenza alla pratica.»

Ecco, giusto appunto la pratica: questa sconosciuta, scansata, e tediata attività.

Pensare, credere, convincersi che, senza il sudore della fronte, tanto citato dai nostri avi, si possano cambiare le sorti dell’universo, corrisponde a stupida intelligenza. 

Senza fatica non c’è amore, non c’è passione, non c’è soddisfazione.

Di cosa tanto discorrono quindi?

A mio avviso, del nulla cosmico, o meglio, del miraggio più eclatante di tutti i tempi.